Sono trascorsi venti anni, papà. Un tempo lunghissimo che non riesco comunque a percepire.
Come vivere la perdita di un figlio condividendo pensieri sensazioni rabbia emozioni e ricordi tra terra e cielo
Sono trascorsi venti anni, papà. Un tempo lunghissimo che non riesco comunque a percepire.
Sei l’addio che non riuscirò mai a dire…
È inevitabile pensare alla quotidianità se tu fossi qui.
Tanti ne sono trascorsi, papà, da quel 21 maggio 2004. La mia prima grande perdita, lacerante.
Tante sarebbero state le candeline da spengere oggi, se un maledetto destino non avesse deciso di toglierti questa opportunità.
Guardare una foto come questa, e disperarsi perché oggi vivi quei momenti a metà.
Un’altra vita strappata alla vita. A lasciare tutti immobili e indifesi. Eternamente in bilico tra ciò che poteva e doveva essere, e ciò che sarà mai più.
Domani, vita mia, il campo di calcio di Vallerano verrà dedicato a te, esattamente un anno dopo quel maledetto ventisette aprile.
Ci siamo quasi, vita mia. Quell’uno di tutto che ho sempre invocato, sciocca temporalità che serve a nulla se non a dare un termine a un vuoto incolmabile, sta per concretizzarsi.
Sempre gli stessi, ormai da più di tre mesi. Pensieri, che si rincorrono, giostra inarrestabile nella mia mente ormai screditata dalla tua assenza. I giorni trascorrono invariabilmente, fotocopia di una esistenza recisa.