È come sulla vetta di una montagna. Giri lo sguardo per vedere cosa ti circonda, ma resti immobile con le gambe inchiodate a un infinito che non ti appartiene.
È come stare sul bordo di un buco nero. Giri intorno a quella voragine, ma oltre quel perimetro non vai.
Con la consapevolezza di doverlo saltare, ma con la lucida certezza che non riuscirai a farlo. Perché inchiodata da un dolore che zavorra l’anima, lo spirito e la mente.
Quel dolore che ti copre come un velo, che cerchi di strappare ma che resta incollato alla pelle.
Mai ho provato invidia per altri. Oggi, ne provo per chi, esistenza tra terra e cielo, ha trovato un appiglio, un motivo, uno scopo per andare oltre.
Oltre quella sofferenza che in me genera solo tanta rabbia, sempre crescente e mai domata.
Ynwa vita mia
Quando non si riesce o non si può andare “oltre”, bisogna andare “con”. Bisogna però andare comunque. Certo non andiamo nel mondo in cui avevamo sperato, con le persone che credevamo avrebbero percorso con noi chissà quanta strada, a volte precedendoci o aprendo cammini non previsti. Ed ecco il punto… il cammino non previsto, e non quello piacevole, che entusiasma e ti carica di energie, ma quello che ti stronca le gambe, ti svuota dentro, ti lascia sotto il macigno del dolore. E sembra impossibile andare oltre, e a volte non si può proprio andare oltre. Condizione immutabile, definitiva. Perdere un figlio è sicuramente così, per sempre. Segna la vita, ma come si dice sempre, la vita va avanti. Perché il tempo è una variabile indipendente, che non si lascia condizionare. È la nostra percezione che cambia, ma comunque il tempo va. Possiamo solo sperare di imparare a vivere “con”, là dove il “con” è il vuoto immenso lasciato….che controsenso vivere con un’assenza. Allora possiamo riempirla con ciò che è stato, con ciò che ancora, fortunatamente e faticosamente è Emiliano, un amore grande per tutti.❤️