Due donne, io e lei. A specchiarci nei nostri dolori, che se agli occhi degli altri ci rendono più forti, nel nostro profondo lacerano a lasciarci senza fiato.
Due storie diverse eppure così tanto vicine, se lette con gli occhi della disperazione. Che ti accompagna sempre, anche quando pensi di essertene liberata. Che ti assale, all’improvviso, e che sai di dover sfidare, affrontandola viso aperto e pugni chiusi. A non soccombere se meni di più, e picchi per prima.
Due destini, marchiati a pelle, tatuati in memoria perenne. E che, riluttante volontà, abbiamo dovuto imparare a fare nostri. Compagni di una vita che a guardarla sembra possa accadere a quello della porta accanto, ma non a te.
E invece ti ritrovi impantanata in un fango soffocante nel quale nuoti, improvvisazione quotidiana di marines alle prime armi, malgrado il tempo abbia già scalfito il viso.
Due vite. Che rabbiosamente decidi di azzannare, perché non c’è altra scelta. Perniciosa esistenza a modellarti nei pensieri, negli sguardi, nella quotidianità. Nei piccoli e scontati gesti, che diventano un traguardo quando li vivi soppesando l’afflizione.
Due sorti, diametralmente opposte, ma terribilmente fagocitate nella stessa sofferenza. Che non ha colore, identità, provenienza, e si incolla nell’animo, a non lasciarti più.
Io e Giuliana.
Due mondi, che si incrociano complice un bipolare giorno fatto di pianto e gioia. In un assolato pomeriggio, dopo giorni di pioggia, a incorniciare una giornata che vede calendarizzato il primo anno vissuto con la tua assenza.
E l’intitolazione del campo di calcio di Vallerano a te, vita mia, conferma di quanto hai lasciato di bello. E tutto sta in una maglietta, che la marciatrice italiana campionessa del mondo, la Salce, ti ha dedicato.
Simbolicamente, a confermare che la vita, tutta, è una marcia. Si stoppa all’improvviso ma quel che conta è come l’hai percorsa. Io e Giuliana. E la tua marcia, con l’inciampo fatale che ti ha strappato alla materialità quotidiana.
Ma come è scritto su quella pietra ora poggiata sul campo di calcio del paese viterbese che ti ha amorevolmente adottato, you’ll never walk alone, vita mia.
Tu, mai sarai solo.
Due donne speciali, bellissime parole dettate da un profondo dolore. Io quel giorno c’ero e non dimenticherò la dignità e la compostezza di una mamma,Sonia. Non ho conosciuto personalmente Emiliano ma è entrato nel mio cuore e nelle mie preghiere.
Hanno parlato gli occhi ,in un un’attimo, un abbraccio e capire..
Mi hai insegnato in un momento che nel dolore c’è tanta forza e amore.
Ti voglio bene Sonia e si lo posso dire : sei una Donna meravigliosa
È vero, la vita è una marcia, un cammino, e in quello ci dobbiamo impegnare.
Spesso richiede fatica, sudore, lacrime.
E lo sforzo è tuo, perché sei tu che muovi le tue gambe, a volte leggere come piume, altre pesanti come macigni che sembra restare li, immobili, in uno sforzo isometrico che non ci fa avanzare, ma che sta potenziando i nostri muscoli.
Perché il dolore, quello vero, quello maledetto, ti stende al tappeto, ma quando faticosamente ti rimetti sulle gambe hai occhi diversi, spesso più belli perché le lacrime sono di cristallo.
Questo può accadere solo se hai marciato non solo con gambe allenate alla vittoria, ma con un cuore che non ti ha mai lasciato solo in pista o sulla strada.
Quando cammini sentendoti squadra, vedendoti parte degli altri che ti sono affianco, fai la differenza nella tua e nella loro marcia.
Questo Emiliano lo sapeva bene e ce lo lascia ogni giorno……..
per non essere solo e non restare soli.❤️