Provate a immaginare, un uomo elegantemente vestito, che ti consegna un’urna con le ceneri di tuo figlio. Ecco, la mia disperazione è racchiusa in quella assurda disposizione.
È inevitabile il collegamento, al giorno in cui hai lasciato l’ospedale romano dove sei nato. Lì c’era una carrozzina confortevole ad accoglierti, scelta con amore e rigorosamente tirata fuori non prima della tua nascita, stupida scaramanzia che oggi appare come l’ennesimo gioco beffardo del tuo destino.
La medaglietta della Madonna del Divino Amore a proteggerti, il cuscinetto anti rigurgito, la copertina leggera perché il sole delle ottobrate romane ancora stiepidiva gradevolmente l’aria.
Salto di ventitré anni e mezzo, e mi ritrovo in un pomeriggio uggioso, a uscire da una agenzia di pompe funebri, con quell’urna in braccio, finemente custodita da una borsetta che rende anonimo l’oggetto.
Ti stringo, è inevitabile, e la mia testa trema mentre le mie braccia si muovono, quasi a cullarti di nuovo.
Provate, se ci riuscite, a traslare e a sovrapporre queste due immagini. Ecco cosa significa, vivere la perdita di un figlio. Trovare tragicamente una sinergia tra quanto di bello è stato, e quanto di terribile e tragico devi iniziare a vivere.
In una azione che genera una reazione uguale e contraria, in tutta la drammaticità. Non si può spiegare, ma se qualcuno riesce a saltare il fosso, e anche solo per un attimo presumere cosa si può provare, forse è un po’ più vicino alla mia disperazione.
E all’angoscia di tutte le mamme come me, che vivono tra terra e cielo. E che devono trovare, giocoforza, una dimensione parallela, per sopravvivere a un dolore troppo grande e innaturale da sopportare.
“Siamo nati e non moriremo mai più “.
È Chiara Corbella che parla, una donna morta a 28 per poter far nascere suo figlio, l’unico che le è sopravvissuto, perché due “nascevano in cielo “ dopo poche ore dalla nascita in ospedale.
Leggo il suo libricino tutto d’un fiato, sperando di trovare una risposta, una formula, qualche messaggio in grado di elaborare questo dolore e magari anche il tuo. Si sarebbe aperta una nuova vita. Invece mentre leggo l’ho anche pensata esagerata, fuori dal mondo, a volte mi ha anche infastidito. Certo perché non sono come lei ( figuriamoci c’ è in corso la causa di beatificazione), mi lascio sopraffare dal MIO dolore, trovo un’ingiustizia asfissiante in tutto questo.
Nel libro ci sono delle foto di Chiara, di suo marito, dei figli…… niente di più NORMALE. Era stata una ragazza innamorata, delusa, arrabbiata, una ragazza qualunque, che si troverà a desiderare una vita qualunque, con un ragazzo qualunque che ha scelto per compagno di vita. Una vita provata da cose grandi che affronterà come solo chi ama sa fare.
Non ho trovato indicazioni terapeutiche.
Ho visto però luce fioca nel buio pesto, meraviglia nella disperazione.
Nell’abbraccio delle ceneri di Emi c’ è tutto il tuo dolorosissimo amore. Non l’hai “accolto ancora”, non lo hai mai lasciato e mai lo lascerai. Perché nell’amore siamo nati e nell’amore non moriremo mai più!❤️