Sei mesi con la tua assenza. Giro di boa immaginario, in un “uno di tutto” da vivere, con te impalpabilmente presente in ogni mio respiro.
Centoottantaquattro giorni, chiusa in una realtà che sovrasta ogni mia volontà, schiacciata in una perfida verità che dovrò in qualche modo imparare ad accettare. E invece, nego a me stessa ciò che ci è accaduto, a voler demonizzare quel maledetto ventisette aprile, dove tutto ha avuto fine, anzi ha avuto una funesta fine e un tragico nefasto inizio.
Mi stacco dalla quotidianità troppo indigesta per essere digerita, e vomito rabbia e sofferenza nascondendomi dietro una maschera forzata. A volermi convincere che ci saranno giorni migliori, nei quali riuscirò a vivere te, semplicemente respirandoti.
Prospettiva astratta di una esistenza che non vedo al momento concretizzabile. Perché ogni cosa fa male, mi catapulta nuovamente in un baratro troppo profondo da poter risalire. E i giorni passano, ormai i mesi passano, e io sono qua, ferma, immobile, agghiacciata e stroncata da una situazione crudele che sembra non lasciare scampo.
E mi logoro, al pensiero che tutto questo deve trovare un senso, o almeno una connotazione specifica nella mia vita.
Giro di boa, in una inventata regata, dove in balia di un mare in burrasca, e sotto un cielo tempestoso, cerco di raggiungere un traguardo che, comunque, non porterà a nessuna vittoria ma solo alla consapevolezza cementata della mia vita senza te.
Oggi, da sei mesi.