Guarderai le stelle, la notte. La mia stella sarà per te una di quelle. Allora, tutte le stelle, ti piacerà guardarle… tutte, saranno tue amiche. (da Il piccolo Principe Antoine de Saint Exupery).
Ancora non riconosco la tua stella, se anche ci sei non riesco a vederti. Sarà colpa delle lacrime che scendono, ogni volta che alzo lo sguardo al cielo. O sarà perché ancora non riesco a elaborare questo concetto, di te stella distante, irraggiungibile e lontanissima, seppure splendente, come sei sempre stato tu.
E come sempre sarai per me. Magari a indicarmi la via, a illuminare i miei giorni che ora scorrono senza luce.
Al momento, tutte belle parole, ma solo belle parole. Inutile nascondersi dietro un dito: questo sarà un concetto che forse riuscirò a elaborare, ma che ora disperatamente respingo.
Perché un figlio è una stella che vuoi viverti, toccare, annusare, abbracciare, non una entità che, seppure scintillante, sottolinea perennemente un distacco talmente grande e incolmabile, che ti schiaccia in un dolore infinito.
Perdonami, se puoi, di questo mio limite umano e pieno di amore.
Perdonami se ancora non ho imparato a vederti e a viverti in ogni cosa bella.
Cambieranno inquadrature e messe a fuoco, te mio maestro, ma ora la mia vita tagliata a metà risulta monocromatica, fermoimmagine del mio funesto sopravvivere.