…Tutta la mia vita è dietro di me. La vedo tutt’intera, vedo la sua forma e i suoi lenti movimenti che m’hanno condotto fin qui. C’è poco da dirne: è una partita perduta, ecco tutto…
Stralcio di un capolavoro, a mia personale interpretazione, di Jean Paul Sartre. La Nausea, un libro che ho sempre amato, come il suo autore, fin dai tempi del liceo. E ho sentito il bisogno di rispolverarlo, e di scorrere di nuovo quelle pagine ingiallite dal tempo e tenute insieme da strisce di nastro adesivo.
Vita disperata e nauseata del protagonista, spietata cronaca di una vita vissuta tra dolori, delusioni e crisi di valori. Ma dalla sua radicata nausea, il protagonista riesce a far riemergere, soprattutto attraverso i ricordi, la possibilità di accettarsi, e di accettare l’esistenza stessa.
Dovrò imparare, autodidatta improvvisata, giocoforza di una sorte maligna e spietata, che ha scelto noi per la prova più dura di tutta una vita.
Binario interminabile dove la rabbia e la speranza corrono parallele. Punto d’incontro: l’infinito. Treno senza fermate, carico della mia nausea per quello che è accaduto, a te e alla tua vita, stroncata troppo presto quando tutto stava per nascere.
I ricordi, dovrò imparare a gestirli. Al momento mi schiacciano inesorabilmente a terra, tagliandomi le gambe e annebbiandomi la mente. Imparerò, continuo a ripetermelo, litania incessante che accompagna il mio sopravvivere.
Imparerò, ma ora sono impotente, e sta vincendo la mia nausea.