Ci sono. Anche oggi, dopo tredici mesi. Assurdo dirlo, ma trascorso il nostro primo anno, mi sembra sia diventata ancora più difficile e pesante da sopportare, la tua evanescenza.
Il mio uno di tutto, dietro il quale sempre mi sono nascosta nei nostri trecentosessantacinque giorni vissuti con la tua assenza, mi sta tornando indietro come un boomerang. Sciabolata mortale, che mi pone davanti a quella che è la cruda realtà.
Non ho più il mio uno di tutto, da usare come scudo a una disperazione che speravo scemasse un pochino. E questo mi mette a nudo, evidentemente facendo affiorare la mia debolezza.
Ancora troppo grande da stemperare. E’ questa oggi la mia realtà. Rendermi conto che, non si pesa il dolore calendario alla mano.
Ma che anzi, quella cadenza temporale ti sputa in faccia la stecca della vita, la mia vita da quel maledetto ventisette aprile duemiladiciotto.
Perché da oggi dovrò datarlo anche nell’anno.
A cadenzare, continuamente e senza soluzione di continuità, un altro anno da vivere senza te. E riaffiori costantemente e prepotentemente in ogni mio istante, a lacerare un vestito fatto a brandelli ormai da tredici mesi.
E mi sento sola, pur immersa in un mondo di affetti che costantemente mi confermano tutto il bene del mondo.
Perché manchi tu, vita mia. E questa è la sola maledetta certezza che condiziona la mia vita.