Ci siamo quasi, vita mia. Quell’uno di tutto che ho sempre invocato, sciocca temporalità che serve a nulla se non a dare un termine a un vuoto incolmabile, sta per concretizzarsi.
Trascorso a rimorchiare una apparente quotidianità, che pesa terribilmente della tua assenza. Intontita da pensieri che ho trascinato di giorno, per poi rivomitarli di sera, a luci spente, in un silenzio strozzato solo dai miei singhiozzi.
Eterna mancanza che i ricordi rimarcano e non consolano, almeno al momento. Perché ogni rimembranza è consapevolezza di ciò che siamo stati, di quanto tanto eravamo, di quanto ancora potevamo essere.
Mi manchi.
E la tua mancanza sembra rafforzarsi sempre più, condita proprio dal tempo che scandisce il nostro essere tra terra e cielo. Impalpabile presenza, la tua, sempiterno dolore che cadenza ogni attimo di una esistenza che mi vedrà vagabondare restando immobile, a quel maledetto ventisette aprile.
Che ora si avvicina per la prima volta vuoto di te.