Riavvolgo il nastro della nostra vita di trecentosessantacinque giorni. A saperti felice, al rientro dalla vacanza in quel di Vipiteno con la tua Prisca, a salutare il nuovo anno tra discese in slittino e vin brulè.
Ignorando, vita mia, quanto sarebbe accaduto, centodiciassette giorni dopo. Questi sono i giorni che hai vissuto, di questo maledetto duemiladiciotto, l’ultimo a metà.
Schiaccio mentalmente il tasto rewind, e ripercorro i tuoi momenti, che mi appaiono già tanto lontani. Lacerazione di sentimenti, umanamente indifesi davanti a qualcosa che è stato, e mai più sarà.
Inermi sensazioni, effimere e difficili da agguantare, ma incredibilmente incollate alla mia anima. Che oggi si nutre prevalentemente di questo. A lasciarmi sfamare dai tuoi ricordi, che lentamente fanno capolino.
In punta di piedi, a non sgangherare ancora di più la mia già sconquassata vita.
La vecchina sulla scopa oggi passa e porta via tutte le feste, le mie prime con la tua assenza. Che sono andate, tra lacrime e respiri strozzati, a cercare di scavalcare l’ennesimo uno di tutto.
E lasciando al tempo, di compiere almeno il suo primo traguardo.