Sento, mio malgrado, non per curiosità di cronaca ma perché vicina, troppo, alla disperazione di altri genitori. Due bambine, sulle piste innevate di montagne amate, in momenti che dovrebbero solo regalare gioia e bellissimi ricordi.
Camilla ed Emily, nove e otto anni, e un appuntamento col loro bastardo destino, incontrato in un momento di estrema felicità e serenità.
Nella Roma antica erano le tre Parche, a tessere i fili della vita. Lascio a ognuno di noi la personale chiave di lettura spirituale, il proprio pensiero trascendente.
Si nasce per morire, è vero. Ma l’astratto e demoniaco concetto di morte, ha nell’immaginario collettivo un percorso costellato da traguardi da raggiungere, da anni da vivere, da vecchiaia da accarezzare.
E quando tutto questo, invece, svanisce prematuramente, lascia una disperazione e una angoscia che inquinerà per sempre l’esistenza di chi resta.
Destino, fato, sorte. In qualunque modo lo si chiami, quando investe vite così giovani lo si può solo criminalizzare. Perché è un crimine senza colpevole.
E io resto immobile, toccando il dolore dei genitori di questi piccoli fiori, appassiti troppo presto per poterlo accettare.