Il suo nome è Marina, ed è una mamma che ha avuto un bambino a cinquantacinque anni. Il contenitore domenicalpomeridiano di Rai Uno la vede invitata a raccontare la sua storia. Marina ha perso suo figlio, il suo unico.
Suo marito le ha chiesto un altro figlio, e lei si è rimessa in gioco. Sottoponendosi a cure per arrivare a dare alla luce un altro bambino. Ora vive per il figlio che non c’è più, e per quello che è arrivato, miracolo a riempire una vita svuotata e lacerata in un nanosecondo.
Non entro in merito alle polemiche di chi decide di avere dei figli in una età che, a ritroso, vedeva le donne nonne, non certo mamme. Ma entro nel merito di questa storia, della storia che ho recepito, a tozzi e bocconi, complice anche una emozionalità enorme.
Non giudicare anzi cercare di capire, saltando quel fosso che divide noi mamme tra terra e cielo, noi genitori tra terra e cielo, dai genitori esclusivamente terreni.
Non si può giudicare una scelta così grande. È da beoti.
Perché non si arriva a comprendere, che la morte di un figlio uccide anche una mamma, o forse si crede si stia esagerando. Io, nella mia grande tragedia, mi sono sentita fortunata, fortunata ad avere un altro figlio, che mi sveglia alle tre e mezza di notte, tornando dal suo primo e neonato lavoro, e mi dice mamma abbracciami che oggi è stata una giornata di merda.
Io ho un figlio, nel quale rispecchiare quella parte di speranza che deve portarmi a vivere. Ma inevitabilmente penso alle mamme che hanno perso il loro unico figlio, e posso immaginarla e toccarla, la loro disperazione.
La scelta di Marina è contestata per la sua età. Ma è una scelta che l’ha portata ad alzarsi di nuovo tutte le mattine, e a vedere un raggio di sole nella sua giornata. Cosa che, chi non prova un dolore assordante come il nostro, mai potrà comprendere.
È stata questa la scelta di Marina, per continuare a vivere una vita comunque diversa, come la mia, ma che abbiamo comunque il diritto di scegliere di vivere.
Finiamola con questi assurdi pregiudizi, soprattutto se esiste una chiave di lettura che va oltre l’età anagrafica. Finiamola con questi pensieri perbenisti e ipocriti, cercando a volte di rispettare anche il pensiero degli altri.
Si può non condividere, ma non si deve giudicare. Lei si prenderà cura del suo bambino, io del mio, e spero che le altre mamme come me, divise a metà, riescano a trovare quel sentiero da percorrere, qualunque esso sia.
Un affido, una adozione, un cane, un gatto, beneficenza, associazioni, oratori. Per una mamma divisa tra terra e cielo, l’unica certezza di poter continuare a vivere è donare amore.
E questa è la mia richiesta a Babbo Natale. Porta a noi mamme tra terra e cielo, la voglia di donare amore, a chiunque ne faccia tesoro e ne possa godere.
E questo, è il mio augurio a tutte le mamme come me, che per Natale vorrebbero solo azzerare le distanze e riabbracciare il loro amore grande. Anche solo per un attimo.