Due parole. due semplici comunissime parole. Alle quali spesso, troppo spesso non si da la giusta emozionalità, il giusto valore. Quotidianità vissuta nella certezza assoluta che quella frase, quel saluto, accompagnerà la tua vita, fino all’ultimo respiro di mamma.
E invece, se il destino bastardo decide di colpire senza appello, ti ritrovi a desiderarlo, quel ciao mamma, che manca da ucciderti l’anima.
Un video di ventisei secondi. Nei primi tre, il tuo “ciao mamma” ad aprire quella ripresa fatta con il tuo telefonino, sulla funivia che portava te e la tua Prisca a Monte Cavallo.
Primo gennaio 2018, il vostro Capodanno a Vipiteno, il tuo ultimo primo dell’anno. È tutto assurdo. Paradosso della vita.
In quei ventisei secondi tutta la pienezza della tua voglia di vivere, ignorando, come logico, quello che una maligna sorte stava architettando per te, per noi.
E ora vivo attaccata a quei tre secondi, a quel ciao mamma, a ricordarmi la tua voce e il tuo essere, e quel tuo saluto sempre presente, nella mia quotidianità. Tenerezza e amore.
Io per te e tu per me. A volte pensavo che il nostro rapporto fosse così tanto profondo, da poter sfociare nell’assillo. E invece ora rimando indietro il nastro della nostra vita, e mi accorgo che io e te eravamo noi due proprio per quel nostro legame, che oltrepassava lo stato anagrafico.
Era unico, e spesso incomprensibile agli altri, che non riuscivano a capire il nostro dualismo profondo, il nostro spontaneo essere l’uno per l’altra. Cordone ombelicale mai tagliato.
Mi manca, mi manca il tuo ciao mamma, mi manca come mi manchi tu, vita mia. E questo non potrò metabolizzarlo, mai.