Mi sembra di non ricordarla. La tua voce, quella che ogni giorno accompagnava la mia quotidianità. Mi appare già lontana, quasi a non sentirne l’intensità, a rammentarne i toni. E allora, facendomi male, la vado a cercare.
In un video, che esordisce con un “ciao mamma” che mi trafigge senza scampo. Vipiteno, il tuo ultimo dell’anno, l’ultimo, i tuoi primi giorni di questo duemiladiciotto insieme a Prisca, la tua ragazza, ignorandone la malvagità che ci avrebbe riservato, a non farti finire nemmeno i primi quattro mesi.
Ti risento nel tuo “ciao mamma”, che ogni mattina dopo la tua colazione mi riservavi telefonicamente, e io in ufficio quante volte ho tagliato corto, dando per scontato che quelle due parole, avrei continuato a sentirle fino alla fine della mia vita, fino al mio ultimo respiro. Perché era così che doveva andare.
Doveva esserci l’ultimo ciao mamma, tuo per me, non un drammatico ciao amore mio, figlio mio, vita mia, mio urlo disperato per te. E invece mi ritrovo a cercare anche la tua voce, non solo te.
Un vocale di quelli su WhatsApp, tuo fratello me lo gira. È una sciabolata micidiale, una pugnalata che trafigge senza scampo. “You’ll Never Walk Alone”: l’inno del tuo Liverpool, cantata a squarciagola da te. Ci sei tutto in quella stonata cantata. Sei tu, mi appari nella tua completezza, in una steccata canzone urlata con una energia che testimonia la tua, di energia, in tutto quello che facevi.
Ti ritrovo tutto, in quelle parole anglosassoni, urlate a testimoniare il tuo amore per la squadra dei Reds, e oggi a me necessarie, per ricordarti e rivederti, pagliaccio scanzonato. Sono riuscita a sentirla poche volte.
È un play che mi rimane difficile da schiacciare. Ci sei tutto, e a me fa troppo male, mi demolisce, mi annienta. È tormento, ancor più di quanto già ne patisco. Ma serve anche questo. Necessario, a non fuggire la realtà, la mia, che per quanto disumana possa essere, devo imparare a vivere.
Anche nelle tue strimpellate cantate.
Questa fotografia è quella che più mi riempie il cuore. È Emiliano. Ancora acerbo sotto l’aspetto fisico, ma perfettamente connotato nella sua gioia e voglia comunicativa. Ci sono le sue mani che tante volte ho stretto e mi hanno abbracciato. C’è Il suo immenso sorriso, che risveglia dalla tristezza e fa sorridere chi lo guarda. C’è un microfono, utile a diffondere suoni e parole, fondamentali nei suoi giorni. In questa foto esplode la vita, e un po’ mi consola pensare che così intensamente Emiliano ha vissuto la sua. Questa foto parla, e a me piace ascoltarla. Certo mi fa piangere perché ancora non ho imparato ad amare senza possedere, ma col tempo diventerà la mia gigantografia preferita.❤️