Questo è un post di mia sorella, pubblicato sul suo profilo Facebook. Dedicato a Emiliano, suo nipote, mio figlio. Lei sua zia, io sua mamma, unico comun denominatore: Emiliano.
“Ottobre è arrivato. Ancora una cosa in comune che mi legava orgogliosamente a te. Pochi giorni l’una dall’altro a farci gli auguri di buon compleanno. A dirci che come noi… troppo forti… i mejo… auguri ziona, auguri nipotone.
Sempre accrescitivi, perché così eri per me, un affetto sempre in crescita esponenziale, una costante scoperta, un compiaciuto stupore per un bene così presente anche se fisicamente lontano. La lontananza…
Credevo, speravo che adesso mi aiutasse a sentire meno la tua assenza. Invece non passa giorno in cui non ti debba pensare e ripetermi che non ci sei. Ma io non ti mollo, ti augurerò buon compleanno e buon Natale, ti penserò quando vedo la pubblicità di Romics, o una maglietta di Batman o delle Dottor Martens bordeaux, una chitarra o una telecamera, un paio di occhiali specchiati azzurri.
Neanche la morte può portare via tanta vita, non ha capito chi sei ❤”
Due dolori anagraficamente diversi, ma che lacerano nel profondo. A volte vorrei avere la forza e la fede di mia sorella. Ora non ci riesco, mio umano limite, del quale chiedo scusa. Nella mia vita ora solo rabbia, tanta, e me ne vergogno. Ma non posso fare altrimenti.
Piango, nella convinzione di poter tirare fuori l’ira che mi attanaglia le vene, e fingo, di poter affrontare questa maledetta situazione. Il compleanno, e poi il Natale… vorrei anestetizzarmi e dormire, svegliarmi il giorno dopo, quando tutto sarà passato, senza il mio Emi.
Tutto sarà tremendamente crudele da vivere. Uno di tutto, io ho appena iniziato. E lascerò che quest’uno di tutto trascorra, avvelenandomi ancor di più della tua assenza, tossicità che ormai si è impossessata di me. Senza antidoto, al momento, che possa aiutarmi, a dirti buon compleanno, buon Natale, vita mia.
Sono contenta di essere il pretesto delle tue sofferte riflessioni.
Quel 27 aprile immediatamente ho pensato e ripetuto “questo no, questo no” quasi già consapevole del fatto che questo non era qualcosa di già provato, che stavolta sarebbe stata una scossa dalla violenza inaudita, che avrebbe fatto macerie mai viste.
Inutile Cassandra…..
La mia forza è la tua stessa forza, quella del Giano bifronte per intenderci, e la mia fede messa a dura prova è lo spiraglio che rende degna la vita e che le da speranza, alla mia e a quelle che non sono più qui.
La strada è lunga, lunghissima, anzi penso infinita, del resto questi amori sono per sempre. Dobbiamo solo camminare e l’allenamento al dolore ce lo farà sentire di meno.
Adesso stai camminando a piedi scalzi, ma prima o poi troverai le scarpe……o i calli faranno il loro lavoro. ❤️