C’è un’ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa
È Trilussa, una sua lirica, Felicità. La ripetevo sempre ai miei figli, a Emiliano e Leonardo, per cercare di tamponare quelle mancanze materiali che economicamente non potevamo sostenere.
Emi scelse questo poeta per la sua tesina di maturità artistica. Non solo per la romanità che li univa, era evidente, ma anche perché le parole di Trilussa hanno rappresentato una chiave di lettura semplice ma profonda della vita, della nostra vita.
La felicità, ripetevamo spesso, è nelle piccole cose.
E noi avevamo fagocitato questo pensiero. Entusiasmandoci per ciò che molti danno per scontato. Eccola la vita che ci è stata malignamente strappata, ed è per questo che non riesco a darmi pace.
Le aspirazioni erano grandi, certo, ma sapevamo volare basso, così basso da esaltarci per una pizza insieme, o un regalo tanto desiderato ma portato da Babbo Natale, perché prima non si poteva.
Il nostro è stato, spesso, un rimandare. E oggi mi rendo conto che il tempo di quei rimandi ci è stato crudelmente strappato per sempre. Che non abbiamo più tempo, per quello che volevamo fare, e non abbiamo potuto fare.
E questo sarà un altro tormento che mi perseguiterà, per tutto il resto della mia vita. A dirci sempre poi, a rinviare, a differire ad altri momenti, anche se quello buono sembrava non arrivare. E in realtà molti di quegli istanti non sono arrivati, e mai arriveranno, mai più.
Squarciati senza ritorno, a impedire di viverci in quelle cose che, peraltro desiderate tanto, avevano assunto un plusvalore estraneo a tanti. La nostra felicità era davvero succhiare un bottone di rosa, leggerezza che ci riempiva l’esistenza.
A farne un dono, più che una rinuncia. Ora invece dovrò sopravvivere portandomi dietro quella che è la più grande e devastante privazione: mio figlio.
Che mai più mi dirà “vabbè mà, dai, la prossima volta”.
….La felicità, ripetevamo spesso, è nelle piccole cose……
Quanto è vero!
Quando Massimo è morto mi sono guardata indietro e ho scoperto che potevo sorridere, oggi addirittura ridere della vita trascorsa insieme. Anche Emiliano lascia vita di cui sorridere, essere orgogliosi.
Non è così per tutti.
Chi resta non sempre ha ricordi da voler tenere vivi , momenti indimenticabili da tramandare, amore ancora palpitante.
Ci sono donne maltrattate dai loro mariti, o semplicemente ignorate in anni di devoto servilismo, e non penso che si guarderebbero indietro con la mia stessa tenerezza, tenerezza perché per me Massimo è rimasto un quarantasettenne innamorato della vita e della sua famiglia mentre io comincio a sentire i miei anni.
Domenica ero in processione e guardavo un’amica che ha un figlio di 5 anni autistico. Ho pensato a te, a Emi, alla tua disperazione e ricordo il suo stordimento alla diagnosi del figlio. Uno stordimento che portano le parole che non vuoi sentire, i fatti che non possiamo cambiare. Chi ha un figlio disabile è preoccupato di morire prima di lui, proprio come ogni genitore si augura accada nella propria “normale” vita.
Tutto questo non solleva dai dolori ne insegna niente a nessuno, ma il mio pensiero è che facciamo parte di un tutto mosso da leggi proprie, e noi restiamo storditi davanti agli eventi inaspettati.
Tu hai cambiato tante cose nella vita dei tuoi figli regalandogli la felicità delle piccole cose. Ancora tante ne avresti voluto condividere per apprezzare e respirarla quella felicità. Se la cerchi sotto la disperazione sta ancora lì ad eterna testimonianza dell’ amore che ti lega ad Emi.
Il vuoto è immenso, ma la felicità sta nelle “grandi “cose che ci ha lasciato.
A piccole cose………